domenica 24 novembre 2019

Kalimero .Una linea rossa per dividerci dall'altro




Kalimero di Óstudios teatro : il vuoto che respinge l’Altro

Recensione di Felice Ferrara



La vita in un piccolo paese del nord Europa è scandita dai ritmi del lavoro, dalle birre, dalle battute sul sesso. Niente di più fonda l’esistenza di queste persone e anche i legami che instaurano, privi del tutto di uno spessore psicologico, sembrano imperniati esclusivamente sul piacere fisico e sulla convenienza. In questo sistema dove i silenzi prevalgono sulla parola e che, rubando i vocaboli alla chimica, potremmo definire “altamente vuoto”, irrompe d’un tratto l’altro. L’altro che potrebbe distinguersi sul lavoro a svantaggio dell’autoctono, l’altro che potrebbe rivelarsi un amante più dotato e affascinante, rubando quindi l'attenzione delle donne, l’altro che, in definitiva, per il semplice fatto di essere estraneo, può rompere l’equilibrio di un gruppo in realtà già in partenza precario, farraginoso e carico di frustrazione proprio perché “altamente vuoto”. 
  


Óstudios teatro riprende un testo di Fassbinder intriso di idee figlie del ’68 oggi ancora strettamente attuale non certo per l’insistenza sul dato sessuale, allora elemento eversivo, quanto per l’analisi lucida e spietata della natura xenofoba e aggressiva di una comunità alienata dal culto del lavoro, dal materialismo, spogliata di ogni valore e ormai incapace di concepire idee superiori al dato meramente contingente. Ed è tanto facile riconoscere in questa comunità la nostra stessa società, che lo spettacolo sceglie il rovesciamento delle parti, accendendo la luce su noi spettatori, gettando su di noi lo sguardo e rivestendoci quindi del ruolo dell’altro: l’estraneo, il capro espiatorio prima guardato con sospetto, accusato di malignità, poi rifiutato, e infine odiato, vessato, eliminato. E questa scelta riesce a farci vivere con forza una violenza in realtà solo evocata, con grande impatto sullo spettatore.
Lo spettacolo, molto curato nella regia e nelle luci, sceglie musiche anestetizzanti, adatte alla durezza con cui è trattato il tema, e il supporto, in apertura e in chiusura, di video-proiezioni geometriche che immergono gli attori in un ambiente composto da algide linee rette bianche e nere in cui nessuna alternativa sembra ammessa.

Kalimero. Noi, una linea rossa, l'Altro
Óstudios teatro
Menzione speciale Bando ExPolis 2019
con Giada Bonanomi, Francesco Cundò, Riccardo Dell'Orfano, 
Camilla Lamorte, Elisa Munforte

visto il 21 novembre 2019, presso il Teatro della Contraddizione di Milano




domenica 17 novembre 2019

Diva, Sofie Krog a IF Festival


DIVA di Sofie Krog:il palco e i suoi misteri


recensione di Felice Ferrara



Le tende del sipario si aprono, appare un volto femminile che schiude la sua bocca, il suo canto conquista la platea e la donna si guadagna subito il titolo di diva. Quando però le tende tornano a serrarsi, il teatrino si rivela una struttura girevole capace di svelare allo sguardo anche stanze e luoghi altrimenti preclusi allo spettatore: un camerino, il sottopalco, corridoi segreti e infine un cupo antro sotterraneo dove si muove l’esatta antitesi dell'ammaliante diva: uno scienziato con l'ossessione per la perfezione a cui aspira e da cui allo stesso tempo appare fatalmente lontano. Al viso ammiccante della donna si contrappone quindi la faccia grottesca e facile all’ira di questo personaggio segregato che pure vorrebbe emergere prepotentemente; e se la bella cantante è assistita da un fedele e devoto inserviente capace di morire per l'amore che le porta, lo scienziato sguinzaglia invece un animaletto diabolico, astuto e riottoso, e, inevitabilmente, anche causa di innumerevoli imprevisti.



Se per tanti aspetti la trama si costruisce su cliché, attingendo soprattutto dall’universo dei cartoon, in realtà nella giustapposizione di elementi così contrastanti si evoca qualcosa di più profondo: l’artista dispiega al pubblico una facciata vicina al sublime, ma dentro di lui si muovono piccoli demoni goffi e capricciosi, ben lontani dall’illusione della perfezione cui si aspira attraverso l’arte. Questo dualismo irrisolvibile è ben sottolineato nel finale, con lo scienziato che vede fallire le sue aspirazioni e anzi degenera nel clownesco, e la diva che, al contrario, arriva a conquistare uno status ontologico superiore.
A questa intrigante complessità narrativa, si somma un notevole virtuosismo sotto l’aspetto dell’animazione. Le innumerevoli figure che si muovono frenetiche in questo piccolo universo delimitato dalle tende del teatrino, infatti, sono mosse da un’unica persona, Sofie Krog, che arriva a controllare contemporaneamente persino luci e musiche.
Uno spettacolo quindi affascinante e decisamente da non perdere per ammirare l’abilità della sua creatrice e animatrice.



Visto sabato 26 ottobre presso il Teatro Verdi di Milano, IF Festival

domenica 27 ottobre 2019

Animateria: anime e figure al Verdi


IF-OFF: NUOVE ANIME PER IL TEATRO DI FIGURA

Di Felice Carlo Ferrara



Il teatro Verdi di Milano, da sempre grande sostenitore del teatro di figura, ha significativamente aperto la nuova stagione con una serata dedicata agli esiti di Animateria, corso di formazione di teatro di figura cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna e dal Fondo sociale europeo e realizzato dalle maggiori realtà del settore (tra le tante: Teatro Gioco Vita, Teatro delle Briciole, Teatro del Drago, Teatro del Buratto). Questo fa ben capire la rilevanza data a questa arte dal Verdi, che, del resto, da anni con IF festival ospita le migliori compagnie internazionali sul campo. La speranza naturalmente è che sempre più teatri collaborino nella diffusione di questi linguaggi.
Tre, in particolare, gli studi portati in scena sul palco milanese.

                                                         un'immagine di Cane nero

In Cane nero una famiglia deve rompere la propria routine per confrontarsi con le tracce di qualcosa di enorme e misterioso. Forse non si tratta che di un cane, ma dalle proporzioni inaudite! E, chissà, magari proprio questo misto di solito e insolito genera il panico nella famiglia protagonista… Il cane nero al centro della trama, infatti, sembra l’immagine stessa della paura, un sentimento oscuro che ci ostiniamo a tenere fuori dalla nostra esistenza, ma che inevitabilmente è parte di noi.  
Di tutti gli studi presentati questo è di certo il più vicino alla lezione del Teatro Gioco Vita. La narrazione avviene infatti attraverso giochi di ombre, sperimentati nei più diversi modi, giochi che riescono a portare il nostro sguardo ora su uno spazio interno, ora su un interno, a volte anche sovrapponendo i due piani, con un effetto squisitamente teatrale. Sviluppato con ironia e leggerezza, ma capace di mantenere il giusto livello di suspense, questo studio appare già abbastanza maturo e certo in grado di reggere il confronto con un pubblico di famiglie.  

                                                                  Greta Di Lorenzo in Alice
   
Con Alice, invece, Greta di Lorenzo reinterpreta il capolavoro di Lewis Carroll e riporta le avventure della celebre eroina in un spazio più mentale che fisico, caratterizzato più per l’assenza che per la presenza, e dove riecheggiano le parole di una voce fuori campo, una voce forse interna, forse esterna, forse entrambe le cose. La protagonista appare come un'io sofferente, il cui dolore, però, è congelato e si può dire anche deformato dallo sguardo algido e spietatamente freddo di un super io decisamente sbilanciato, patologico. Così le tante lacrime versate divengono un magma argenteo e posticcio incapace di esternare realmente il dolore. E quando finalmente Alice emerge, smarrita in questa dimensione surreale, appare come una marionetta, costretta a spalancare la bocca e ad ingerire così come la sua mente è forzata ad ascoltare quella voce martellante. Questo secondo studio, probabilmente un po’ dilatato nella durata delle scene, si presenta di certo come il più curato esteticamente e, concettualmente, il più ambizioso.

A chiudere il trittico è l’onirico Polvere, in cui una pioggia di gesso irrompe nella tranquillità di una coppia, invadendo in modo crescente il suo spazio e la sua intimità, tanto da insinuarsi nei corpi dei protagonisti e mutarli infine in statue ridotte a pezzi. Lo studio, sicuramente suggestivo, può richiamare l’idea del tempo che, avanzando, cancella ogni giorno qualcosa di noi, del nostro essere e della nostra individualità. E’ tuttavia possibile anche leggerlo come una metafora dell’attore stesso costretto a sparire per lasciare posto alla figura, in un lavoro di certo più assimilabile al teatro d’attore che all’animazione e tanto riluttante a divenire teatro di figura, da cedergli veramente solo nell’ultimo minuto. 

Le serata è stata anche occasione di presentazione della nuova stagione del Verdi che, oltre all’immancabile IF con la consueta selezione di lavori internazionali di teatro di figura (Sofie Krog, Duda Paiva, La Pendue, Unterwasser e, a chiudere, Natasha Belova), ospiterà anche un festival dedicato al concetto di Europa, una rassegna di opere segnalate dal Premio Scenario, e ancora due festival: “Leggere le montagne”, dedicato all’alpinismo (11 dicembre, giornata internazionale della montagna), e la seconda edizione del Festival dell’Ambiente e della Sostenibilità, dal 12 al 17 maggio. Spazio inoltre all’istrionismo di Roberto Mercadini, con ben tre lavori in stagione (Elogio del linguaggio, Felix, Mercadini racconta Ariosto), ad Antonio Cornacchione e Sergio Sgrilli con Noi siamo voi: votatevi (Teatro della Cooperativa), e, infine, alla musica con due produzioni del Buratto : Paris Canaille e Boris Vian.

Per approfondire: teatro verdi
                             animateria-2020-seconda-edizione

CANE NERO
di e con: Riccardo Perna, Miriam Costamagna, Andrea Lopez Nunes, Jessica Graiani, Marta Lunetta
ALICE
di e con Greta Di Lorenzo; scenografia: Christian Zucconi
POLVERE
di e con: Riccardo Reina, Giulio Bellotto, Annalisa Esposito

Visti il 18 ottobre 2019 presso il Teatro Verdi di Milano




venerdì 19 aprile 2019

Nei cieli di Mirò

Mirò e il mondo onirico per esplorare la nostra mente 
e riscoprire la nostra emotività

recensione di Felice Carlo Ferrara



Una ragazzina in ospedale deve affrontare un'operazione. Chi non si sentirebbe un po' agitato al suo posto? Ma ogni difficoltà può nascondere qualcosa di piacevole. In questo caso è la promessa di un sogno speciale proprio durante l'operazione, un sogno in cui vedere le cose più belle. Per la nostra protagonista non c'è niente di meglio di un cielo blu, ed ecco che, appena si addormenta, viene catapultata proprio lì! Davanti a lei una splendente volta celeste e... sorpresa! Anche il cielo ha una cicatrice! E' un piccolo taglio da cui si può entrare per esplorare un universo apparentemente lontanissimo dal nostro e, in realtà, estremamente vicino a noi, perché proprio lì si nascondono i ricordi più intimi, quelli legati alla storia della nostra famiglia. 



Con questo spettacolo il Teatro del Buratto spiega tutte le sue possibilità creative per offrire allo spettatore un'immersione in un mondo onirico, che sia al contempo un viaggio tra i segni e le forme dell'arte straordinaria di Joan Mirò: e bisogna dire che le sue figure si prestano perfettamente a ricreare un mondo folle e bizzarro, come lo è spesso la nostra mente in cui i ricordi e le emozioni si trasfigurano secondo meccanismi in parte ancora misteriosi e proprio per questo tanto affascinanti.  
Niente di meglio, inoltre, del teatro su nero come linguaggio, per la sua straordinaria ricchezza di soluzioni visive che meglio di ogni altra cosa possono rendere le atmosfere illogiche e surreali di un sogno. 
Si aprono così, come tante finestre incastrate una nell'altra, quadri di grande forza visionaria, tra cui spiccano l'apparizione dell'imponente signora Mills nello sfogo quasi triviale della sua rabbia, i serpenti ombra che, sibilando, innervano di paura la mente della bambina, e, infine, la vitalità giocosa del circo in cui i genitori della bambina sono dipinti con leggerezza e levità. Ogni quadro per approfondire un determinato stato d'animo e accompagnare così il bambino nella comprensione delle proprie emozioni e, nel contempo, un invito a gettare uno sguardo sulla storia della propria famiglia e scoprire la propria singolare identità.  
Nei cieli di Mirò è dunque uno spettacolo ricco sul fronte inventivo e nel contempo attento al dato drammaturgico, come raramente accade. 
Va inoltre evidenziato che proprio prodotti come questo, fondati su un intenso lavoro di sperimentazione visiva e sull'eccellenza della tecnica d'animazione, alla base stessa di un linguaggio peculiare come il teatro su nero, possono dimostrare al comune spettatore quanto il teatro, con le sue forme espressive così sorprendenti e uniche, sia necessario e insostituibile come specifica forma d'arte e d'intrattenimento. 


NEI CIELI DI MIRO'


liberamente ispirato ai quadri di Mirò e al racconto di Daniel Pennac “Il giro del cielo
ideazione e ricerca formale Jolanda Cappi, Giusy Colucci, Marialuisa Casatta, Nadia Milani
con la collaborazione di Luca Massiotta
regia Jolanda Cappi, Giusy Colucci
in scena Serena Crocco, Elena Giussani, Nadia Milani, Matteo Moglianesi
scene e oggetti realizzati dal laboratorio del Teatro del Buratto da Raffaella Montaldo, Elena Borghi, Marialuisa Casatta, Nadia Milani, Angela Fracchiolla, Elena Veggetti, Paolo Pili
disegno luci Marco Zennaro
musiche Mauro Casappa
direttore di produzione Franco Spadavecchia
produzione: TEATRO DEL BURATTO

Visto il 31 marzo 2019 presso il Teatro Munari di Milano





mercoledì 27 marzo 2019

Tap Ensemble e il Don Giovanni

DON GIOVANNI IN MASCHERE E GUARATTELLE





Recensione di Felice Carlo Ferrara

Don Giovanni, noto seduttore, per le sue conquiste non esita a compiere i peggiori misfatti e, soprattutto, non disdegna di manipolare il suo fedele servitore, che deve così districarsi tra mille disavventure, fino a rischiare la vita stessa sul patibolo, per il proprio padrone. Una graduale presa di coscienza porta tuttavia il servitore a sciogliere il giogo che lo teneva sottomesso al suo padrone, capovolgendo la situazione in suo favore e lasciando infine che la giustizia si abbatta sul cinico Don Giovanni.

La compagnia Tap Ensemble sceglie di rielaborare il Don Giovanni di Moliere, non tanto per indagare il mito dell’iconico personaggio, quanto per sperimentare un gioco di interazioni tra due linguaggi scenici di fatto molto diversi e tuttavia avvicinabili, perché entrambi riconducibili a un codice grottesco: burattini e commedia dell’arte. Grandi maschere entrano così nello spazio scenico, scompaiono chiudendosi in un cassone, che si rivela d’un tratto un teatro dei burattini, e da qui riemergono sotto forma di guarattelle, minute nelle dimensioni, ma sorprendentemente potenti a livello scenico.

Il gioco funziona, anzitutto perché a sposare le due forme teatrali è una forte consapevolezza della loro origine popolare che si esprime nella propensione allo scherzo, all’ironia, alla gag reiterata, e, a livello contenutistico, nell’intento di esprimere la forza del popolo a discapito di un mondo dispotico, retto su privilegi di élite dall’irriducibile cinismo, forse incrollabili nel mondo reale, ma non nella finzione scenica, che si apre invece alla speranza di un riscatto e di un trionfo della giustizia. 




Lo spettacolo risulta quindi estremamente piacevole, senza privarsi di un suo valore etico al di là della sua leggerezza. Molto efficaci tante trovate sceniche e lodevole l’idea, al centro di tutto lo spettacolo, di un cassone in continua trasformazione, capace quindi di mutarsi in bara, in porta a più sportelli, in una torre e, ovviamente, in un teatrino. Infine tra tutti spicca sicuramente Luca Ronga con un lavoro sulle guarattelle davvero superlativo.


DON GIOVANNI IN CARNE E LEGNO
da Moliere
attori: Nicola Cavallari, Eleonora Giovanardi, Gianuca Soren
guarattelle Luca Ronga
regia Ted Keijser
musiche e canzoni Andrea Mazzacavallo
disegno e realizzazione scene e guarattelle Brina Babini - Atelier della luna
maschere Andrea Cavarra
disegno luci Maddalena Maj
ombre Federica Ferrari
testo Nicola Cavallari e Luca Ronga adattamento Ted Keijser e Tap Ensemble
costumi Licia Lucchese
luci e fonica Alessandro Gelmini Davide Giacobbi
produzione Teatro Gioco Vita, Tap Ensenble
in collaborazione con Atelier della Luna, Balrog, La Bagatella, Macherà, Teatro delle Temperie
produzione Teatro Gioco / Tap Ensemble

visto presso il Teatro Verdi di Milano, il 22 marzo 2019, IF festival



venerdì 15 febbraio 2019

Gek Tessaro: il cuore di Don Chisciotte



Don Chisciotte: perdere il senno 

per riscoprire il cuore in ogni cosa 



recensione di Felice Carlo Ferrara


Il cuore di Chisciotte è uno spettacolo sul capolavoro di Cervantes che, inaspettatamente, si apre con la parola cuore. Un breve e semplice elenco ci fa scoprire che in ogni cosa potremmo trovare un cuore pulsante, anche negli alberi, nelle nostre mani e persino nei ponti e nei vulcani! E proprio questa scoperta ci fa entrare in un istante nel bizzarro universo creato da un uomo che aveva perduto il senno, ma che, proprio per questo, aveva tanto cuore da saper ritrovare l’avventura e il meraviglioso in ogni cosa. Questo cavaliere non era forse tanto lontano dallo stesso autore dello spettacolo che, come il celebre anti eroe, ama dispiegare la propria essenza non tanto nella nostra realtà, quanto all’interno di un personale universo di immagini e parole: parole rimate pronunciate con semplicità e vaga ironia, e immagini che, prima di diventare tali, sono segni in movimento, segni tanto sposati alla musica che li accompagna, da risultare quasi danzanti. Ed ecco infine comporsi dei quadri, che sono il luogo dove l’autore vuole che il nostro senno si smarrisca e si accenda invece la fantasia. E sono a volte incantevoli e suggestivi, a volte buffi e candidi come la naivité così preziosamente infantile con cui si riveste il segno di Tessaro


Gek Tessaro


Il cuore di Chisciotte è uno spettacolo estremamente piacevole, capace di rapire non solo per la bellezza di immagini create con ammirevole destrezza sul momento, ma anche per la qualità di un testo felicemente in bilico tra una leggera e spensierata ironia e una poesia dolce e allo stesso tempo sfuggente.

Vale inoltre la pena scoprire quello che l'autore e illustratore Gek Tessaro chiama teatro disegnato: un linguaggio fatto di pennellate tracciate dal vero e amplificate, tramite una lavagna luminosa, in una proiezione su schermo, in cui la viva esecuzione artistica appare come un’entità magica che prende vita davanti agli occhi stupiti dello spettatore.

L’efficacia del risultato è dimostrata dal caloroso ed entusiasta applauso del pubblico in sala.




Il cuore di Chisciotte

di e con Gek Tessaro
regia di Gek Tessaro e Lella Marazzini
dall'omonimo libro edito da Carthusia edizioni


Visto l'8 febbraio 2019 presso il teatro Verdi di Milano, spettacolo inserito nell'IF festival



lunedì 21 gennaio 2019



DEDALO E ICARO:
scene di vita quotidiana alle prese con la disabilità

recensione di Felice Carlo Ferrara


In scena un ragazzo autistico con una disabilità intellettiva; come funzioni la sua mente e cosa provi esattamente è qualcosa di misterioso, ma in primo piano non c’è lui, bensì le voci, la rabbia e le frustrazioni di chi si deve confrontare con la sua diversità (familiari e non) e non vuole adattarsi a un modo di vivere e di pensare diverso da quello sposato dalla nostra società contemporanea, fatta soprattutto di evasione. 
I protagonisti sono quindi ben lontani dall’eroismo mitologico e il padre al centro del dramma è un uomo associato a un Dedalo che cerchi di dare le ali dell’autonomia al proprio figlio senza in realtà la forza di sperare veramente nel suo progetto e con una parte del cuore tesa piuttosto verso il proprio desiderio di autonomia dal figlio, che il contrario. Così la famiglia si disgrega man mano attorno al ragazzo fino a lasciarlo solo.
Con questo spettacolo Eco di Fondo e Teatro dell'Elfo sperimentano per la prima volta una forma di collaborazione in termini sia produttivi che creativi: il risultato è uno spettacolo per certi versi buono, grazie ad una squadra attorale di ottimo livello e una regia interessante, forse senza guizzi di genio, ma anche senza particolari pecche. D’altro canto sul fronte drammaturgico potrebbe rimanere deluso chi fosse abituato allo stile poetico della compagnia guidata da Giacomo Ferraù, attore, regista, ma soprattutto autore di raro talento, qui sostituito nella drammaturgia dalla penna meno estrosa di Tindaro Granata.
Si perde infatti l’occasione di sfruttare il mito per creare un racconto di tipo metaforico (come accadeva, ad esempio, nello splendido La Sirenetta) e si sceglie di scendere in una dimensione molto concreta ed estremamente quotidiana, intervallata da inserti manualistici che forniscono dati sull’autismo senza riuscire ad avvicinarci a questo universo, proprio come accade quando leggiamo questi stessi manuali.
Il rischio della didascalia è quindi sempre in agguato. Quanto alla scelta di concentrare la solidarietà verso individui moralmente fragili, più che verso la diversità, con una certa tendenza al politically scorrect, potrà risultare per alcuni interessante; di fatto, però si perde in parte quella forza nell'impegno sociale che caratterizzava l'anima della compagnia Eco di Fondo; tanto che lo spettacolo potrebbe risultare difficile da digerire per chi, invece, abbia incontrato realmente la disabilità nella propria strada e vi abbia scoperto più bellezza che motivi di frustrazione.  


Dedalo e Icaro
regia di Giacomo Ferrù e Francesco Frongia
 drammaturgia di Tindaro Granata 
scenografia Stefano Zullo
movimenti scenici Riccardo Olivier di Fattoria Vittadini
luci Giuliano Almerighi
con Vincenzo Giordano, Giulia Viana, Giacomo Ferraù, Libero Stelluti
assistente alla regia Pietro Mauri
produzione Teatro dell'Elfo ed Eco di fondo
con il sostegno del MiBAC e di SIAE, nell’ambito dell’iniziativa "Sillumina – Copia privata per i giovani, per la cultura"
visto il 19/1/2019 presso il teatro Elfo Puccini di Milano