lunedì 17 ottobre 2016

A passo d'uomo 1.0 studio per geografie umane



Riscoprirsi procedendo a passo d'uomo

recensione di Felice Ferrara
 


In un mondo dove l'azione intensa e continua dei mass media e della tecnologia ci immettono sempre più in uno spazio dilatato, portandoci immagini, parole, usi e costumi da tutto il mondo, trasportandoci in un attimo da un continente all'altro, ora con una notizia su una qualche guerra, ora con un video di qualche posto lontano, cosa significa procedere invece a passo d'uomo? Significa anzitutto fermarsi e riportare lo sguardo su di noi e su ciò che abbiamo vicino. E significa porsi una domanda: a chi e a che cosa apparteniamo veramente? La cosa sorprendente è che difficilmente troveremo una risposta. Se le innovazioni nei trasporti e nelle comunicazioni ci hanno fatto conquistare uno sguardo sulle realtà più distanti, abbiamo nello stesso tempo perso la capacità di procedere a passo d'uomo, ovvero a quella andatura che dovrebbe esserci propria, e spesso la possibilità di integrarci con quello che abbiamo intorno costruendoci una nostra specifica identità, al di là di ciò che rimbomba nei media.
Alla luce di questa riflessione appare dunque urgente e necessario il progetto sviluppato da Campo Teatrale con il contributo della Fondazione Cariplo, una ricerca condotta nell'arco di un biennio tramite incontri, interviste, laboratori di aggregazione tra persone e raccolta di storie e racconti volti a restituire a chi abita il quartiere Casoretto di Milano un volto e un'immagine condivisa. Una sorta di azione controcorrente per tentare di recuperare l'idea di vita in un ambiente comune dove sia ancora possibile creare legami e trovare una ragione di condivisione

 
Questo intenso lavoro condotto da Caterina Scalenghe e Lia Gallo ha portato alla stesura di vari monologhi affidati all'interpretazione della brava ed intensa Livia Bonetti e portati in scena nei luoghi del quartiere, bar, botteghe e negozi, rispolverando storie e ricordi di chi ha vissuto il Casoretto e consegnandoli così a una consapevolezza collettiva che possa ricementare un senso di appartenenza comune.
La tappa finale di questo percorso ha trovato posto nel teatro di Campo Teatrale, ancora un luogo del quartiere, con uno spettacolo che tenta una sintesi del lavoro svolto e insieme una riflessione più generale sulla realtà attuale, allargando il discorso dal quartiere di Casoretto ad ogni quartiere di ogni città.

In scena tre angeli che sembrano aver perso il loro candore, forse perché sporcati dal cinismo della metropoli che abitano o forse perché non più tanto certi dell'importanza della loro funzione: custodire la memoria di ogni gesto e ogni parola di chi vive e ha vissuto quei luoghi, una memoria dalla voce sempre più flebile o sempre più inascoltata nella mente delle persone. Tre personaggi dunque resi fragili da un tempo che passa e sembra portare più deterioramento che rinnovamento, e spargere più bruttura che bellezza, per ricreare una realtà ormai difficile da comprendere. I quartieri si popolano infatti di parole e comportamenti che poco hanno a che fare con l'identità del passato e chi arriva non cerca una integrazione, non ascolta e non si sofferma su nulla, ma porta avanti la propria vita con una certa indifferenza verso ciò che lo ha preceduto e verso che ciò che potrebbe trovare vicino.
Colpisce in scena l'idea di rendere invisibile il concreto, ovvero la città e le persone del quartiere, e viceversa visibile l'invisibile, ovvero la memoria custodita dai tre angeli, con la splendida immagine delle gocce d'acqua che cadono lentamente in una pozza da cui attingono i tre personaggi, sempre intenti a travasare questi ricordi e queste parole liquide da un vasetto all'altro, con un lavoro continuo che rende la difficoltà dell'impresa. E ancora funziona l'incastro di tre personaggi che, pur svolgendo lo stesso compito, si differenziano nettamente tra loro, con un angelo più mite e comprensivo, ancora capace di uno sguardo positivo, uno al contrario esasperato e riottoso, e infine uno taciturno e riflessivo che si esprime solo attraverso la sua musica.
A questo si alternano momenti di proiezioni di filmati e interviste.
A passo d'uomo è dunque uno spettacolo dal testo poetico e ben interpretato, dotato di immagini suggestive e capace di porre quesiti semplici ma fortemente necessari.

 A PASSO D'UOMO 1.0
STUDIO PER GEOGRAFIE UMANE 



Regia Caterina Scalenghe
Drammaturgia Collettiva
Con Lia Gallo, Livia Bonetti
Musica dal vivo Orazio Attanasio
Videoproiezioni Michele Ciardulli
Foto Gaia Mattioli
Un grazie particolare a Gianluigi Gherzi
Produzione Campo Teatrale
Con il contributo di Fondazione Cariplo


 Visto a Milano presso Campo Teatrale l'8 ottobre 2016